Provocazioni #3. La ragione, il cliente, il sempre.

Non è forse meraviglioso lavorare al pubblico? L’espressione stessa è cacofonica, meglio dire “lavorare a contatto con il pubblico”. Suona più armonico, ma si aggrava nello stesso tempo. A me è capitato di sentir lodare la cosa a chi sta in ufficio e vede sempre e solo le stesse persone, e farebbe volentieri l’enotecario. Ma per starci, a stretto contatto con la gente, serve una certa predisposizione alle relazioni umane (che nel curriculum è cosa ovvia) e avere una simpatia di riserva sempre pronta in tasca. Ti girano dalla sveglia? Stai poco bene? La tua vita sentimentale fa schifo? Non importa, sorridi e sii socievole, sta arrivando qualcuno.  Ricordati quanto sei fortunato! 

Chi questo lavoro lo svolge da un po’ tende a riconoscere il soggetto in pochi istanti, basta un colpo d’occhio e già scommetti con te stesso pescando tra alcune categorie.

Tipo: 1) Il venditore. Solitamente mattiniero, porta una giacca sui jeans e ha la barba più curata della tua. Ti sta già stringendo la mano dalla porta e sta per iniziare il suo frasario ma…”il titolare non c’è mi dispiace, ci mandi una mail”. Anche se il  titolare eri tu.

2) Il cercatore. Spesso ha il cellulare in mano con pronta un’etichetta fotografata o peggio ancora il messaggio di un amico. Siate certi che il vino in questione non lo avete mai sentito nominare prima, e avrete (se fortunati) solo la denominazione a cui appigliarvi per proporre un’alternativa. Che non comprerà mai.

3) Il guardone. Uno dei più temibili. Dichiarerà subito il suo intento, mentendo, perché darà molto più di una sola occhiata, e ti costringerà a trasformarti nel suo sorvegliante, o guardone del guardone. Scoverà l’unica bottiglia senza etichetta e ti chiederà il prezzo anche se non gli interessa, vorrà sapere quando e fino a che ora siete aperti. Si toglie dalla palle salutando con cordialità.

4) L’indeciso. Se una volta entrato non parla e vi guarda è una potenziale preda. Potete immaginarlo con il cappello in mano e la speranza di fare un bel regalo spendendo il meno possibile. Buona fortuna.

5) L’indecisa. Stavolta non manda il marito, scende in campo personalmente. Compare sotto le feste e vuole una confezione da consegnarsi a un certo medico o avvocato. Se fate ceste natalizie chiamate a voi ogni collega o collaboratore e chiudetevi dentro, tanto non potrete servire nessun’altro. La rivedrete dopo qualche giorno per spiegarle come mai non ha ancora ricevuto una telefonata di ringraziamento.

6) L’intenditore. Simile al guardone nell’approccio, differisce per tre fondamentali aspetti: Parla un sacco, sa già cosa comprerà, paga. In realtà è un mediocre conoscitore di vini ma casa si è preparato una domanda ultra tecnica. Lui la risposta la sa, voi?

7) Il normale. Entra in modo normale e con buona norma saluta, fa domande normali e com’è normale ne ascolta la risposta. Riflette per un tempo normale, paga con normalità ed esce salutando normalmente. Siano benedetti.

Potremmo andare avanti a lungo, aggiungendo l’avvinazzato (non è vero che hai gente a cena), la fidanzata (“a lui piace il vino, ma non ho mai badato a quale”), il single (“alla peggio la stordisco dandole direttamente la bottiglia in testa”), Mr. Champagnino (“fosse per me ok ma per questi amici va bene anche un prosecchino”), elencandone tanti altri ancora che conosciamo bene.

Quello che importa, nella devastazione interiore del lavorare al pubblico (sempre cacofonico), è tenere a mente che quella dell’enotecario è praticamente una missione. Ogni giorno diamo il vino alle genti, ci proviamo almeno, e questi in cambio ci regalano tutta la loro meravigliosa umanità. Io non so se baratterei questo lavoro con un impiegato, ma sono sicuro che pure il robot che un giorno mi sostituirà dovrà ogni tanto uscire a fumare. 

[A cura di Ignazio Cambula associato AEPI sigillo professionale n. 37]